Papa Francesco è morto alle 7:35 del 21 aprile 2025. Aveva 88 anni. Nato Jorge Mario Bergoglio, dal 13 marzo del 2013 era diventato Francesco. Con la sua scomparsa, inaspettata anche per molti in Curia, si è avviato il rito millenario del conclave, il processo più solenne e riservato della Chiesa, quello che porterà all’elezione del 267° successore di San Pietro. Il processo di elezione di un papa, il cosiddetto conclave, è rito molto antico, che si è evoluto nel corso dei millenni (i papi esistono da circa 2.000 anni). In origine a scegliere il successore di Pietro era l’intera comunità dei fedeli. Ma appena quella di pontefice divenne un’ambita carica politica l’elezione si trasformò in faida tra fazioni di candidati: nel 366 si contarono decine di morti tra i sostenitori di Ursino e quelli del futuro papa Damaso I. A partire dal 1274 vennero ufficializzate nuove regole, fino a delinearsi la cerimonia nella forma attuale con l’elezione di papa Gregorio XII (1335-1417). Le regole di quel conclave sono rimaste più o meno in vigore fino a oggi (benché alleggerite nell’ultimo secolo): nessun contatto con l’esterno, pena la scomunica, vita comunitaria in un salone, un unico piatto sia a pranzo sia a cena e, dopo cinque giorni, solo pane, acqua e un po’ di vino. Alla morte di papa Marco, nel 336, c’era già stato il tentativo di limitare gli elettori a un gruppo ristretto. Ma la forma attuale dell’elezione si delineò con Gregorio VII nell’XI secolo. Fu lui a far scegliere il papa ai soli cardinali (come accade ancora oggi), per escludere l’influenza delle famiglie aristocratiche di Roma, stabilendo inoltre la maggioranza dei due terzi. Il termine conclave, dal latino cum clave, «con chiave», evoca l’isolamento totale dei cardinali nella Cappella Sistina, dove saranno chiamati a eleggere il nuovo Pontefice. La clausura fu imposta ai cardinali riuniti a Viterbo (allora sede papale) nel 1270, dopo oltre un anno di sterili riunioni: gli elettori furono chiusi cum clave (da cui “conclave”) nel palazzo vescovile, dal quale il popolo sdegnato rimosse anche il tetto per spingerli a decidersi. Ci vollero, in tutto, 33 mesi per eleggere Gregorio X (1210-1276). Il termine conclave indica sia la sala in cui si riuniscono i cardinali, sia la riunione vera e propria. A tenere la chiave è il clavigero. Questo ambito ruolo deriva da quello del maresciallo di Santa Romana Chiesa, personaggio incaricato a partire dal XIII secolo di chiudere le porte di accesso alle stanze dei cardinali in occasione del conclave. Questo compito compete ancora al clavigero, che si assume la responsabilità di “sigillare” la Cappella Sistina, dove dal 1492 si svolge la votazione pontificia. Nell’Ottocento venne introdotto il vincolo del segreto, applicato ancora oggi per tutelare la libertà dei cardinali rispetto a eventuali ingerenze politiche. Nel 1903, per esempio, l’inattesa elezione di Pio X fu dovuta a pressioni esterne: la corona austriaca si appellò a un diritto di veto, poi abolito, per bloccare il favorito cardinale Rampolla.
L’attuale normativa che disciplina questo momento fondamentale della vita ecclesiale affonda le radici nel 1904, con la costituzione Vacante Sede Apostolica di Pio X. A questa sono seguite revisioni e aggiornamenti significativi: da Pio XII a Giovanni XXIII, passando per Paolo VI (eletto nel 1963), che introdusse l’esclusione dal voto per i cardinali ultraottantenni, norma ancora oggi in vigore. Per i più anziani, tuttavia, c’è la possibilità di far ancora pesare le loro opinioni nelle due riunioni quotidiane del Collegio cardinalizio al completo, che ha luogo nei 15 giorni d’attesa fra la morte del papa e l’apertura del conclave. Sempre Paolo VI fissò in 120 il numero massimo dei cardinali elettori e facilitò la scelta del nuovo pontefice ammettendo il ballottaggio, oppure la maggioranza semplice, dopo 30 scrutini senza risultato. Il numero dei cardinali che compongono il Collegio cardinalizio, storicamente fissato a 120, ha subito modifiche nel corso dei vari papati. Al momento risultano 135 cardinali a doversi riunire per eleggere il nuovo pontefice. Il più organico intervento normativo è arrivato nel 1996 con la Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis di Giovanni Paolo II, che ha fissato la disciplina del Conclave in modo puntuale, prescrivendo che l’elezione del Papa possa avvenire solo «per scrutinium», ovvero con votazione segreta. Un’ulteriore revisione è stata operata da Benedetto XVI nel 2007, mantenendo intatto il principio della maggioranza qualificata dei due terzi per poter eleggere validamente un nuovo Pontefice. Secondo la normativa vigente, sono eleggibili tutti i maschi battezzati non sposati, ma nella prassi moderna l’elezione ricade sempre su un cardinale. Attualmente, dei 253 cardinali, 135 sono sotto questa soglia di età, e quindi elettori a pieno titolo. Di questi, ben 110 sono stati nominati da Papa Francesco, il che lascia intuire una possibile continuità con la sua linea riformista. I cardinali che superano gli 80 anni non hanno diritto di voto, ma possono partecipare, su base facoltativa, alle congregazioni generali che precedono il Conclave, nelle quali si discute della situazione della Chiesa e delle sfide che attendono il futuro Papa. Nel frattempo, il governo della Chiesa è affidato al Collegio cardinalizio, che però ha poteri limitati: non può modificare leggi, né nominare vescovi o compiere atti che spettano esclusivamente al Pontefice. Oggi si vota eseguendo “alla lettera” il manuale per il conclave emanato da papa Wojtyla (1920-2005). Giovanni Paolo II stabilì che l’elezione dovesse avere sempre luogo nella Cappella Sistina (come avviene dal 1878). Inoltre riconobbe come unica procedura valida l’”ordinario modo” cioè lo scrutinio, abolendo due metodi ancora formalmente in vigore: il “compromesso” (come a Viterbo) e la cosiddetta “ispirazione” (cioè l’acclamazione unanime “a viva voce” da parte dei cardinali).
Prima dell’inizio del conclave, nella basilica di San Pietro, viene celebrata la messa pro eligendo Romano Pontifice. Partecipano tutti i cardinali elettori e si dà formalmente inizio ai riti del conclave. I cardinali procedono poi in processione dalla Cappella Paolina alla Cappella Sistina. Ogni cardinale indossa la veste rossa, il rocchetto che è la sopraveste bianca, la mozzetta, cioè la mantellina corta che copre le spalle, e la berretta, cappello di forma cubica con tre alette rigide e fiocco sulla parte superiore. Nella Cappella Sistina, controllata e bonificata nei giorni precedenti, si effettuano tutte le operazioni di voto legate al Conclave. Vengono montati all’interno i banchi per ospitare i cardinali elettori e la stufa per bruciare i fogli dopo ogni votazione. Il cardinale decano pronuncia il giuramento in latino e poi i cardinali giurano sui Vangeli: devono svolgere fedelmente l’incarico nell’interesse della Chiesa e mantenere il segreto su ciò che avviene nella Sistina. Il maestro delle celebrazioni liturgiche del sommo pontefice, dopo il giuramento, pronuncia la frase extra omnes, fuori tutti. Restano solo i cardinali elettori. Quando il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie intima l’extra omnes (ovvero fuori tutti) all’esterno non trapela più nulla. Vengono distribuite le schede, sono rettangolari e ripiegabili in due: nella metà superiore recano la scritta Eligo in Summum Ponteficem, in quella inferiore c’è lo spazio per scrivere il nome prescelto. Prima di deporre la scheda nell’urna, ogni cardinale pronuncia, ad alta voce, un giuramento: “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto“. Poi depone la scheda nel piatto che copre l’urna e con lo stesso piatto la introduce nel recipiente. Durante lo spoglio il primo cardinale scrutatore prende la scheda, la apre, osserva il nome indicato e la passa al secondo scrutatore che, accertato a sua volta il nome la passa al terzo, il quale lo legge ad alta voce. Nel momento in cui proclama il nome, lo scrutatore perfora la scheda con un ago nel punto esatto in cui si trova la parola Eligo e la inserisce con le altre in un filo: alla fine dello scrutinio i due capi del filo saranno stretti a formare un nodo. Si tratta di procedure arcaiche volte a garantire la più sicura conservazione delle schede e impedire manomissioni. Il nuovo papa deve ottenere i due terzi dei voti dei presenti. Si fanno due votazioni al giorno. Si danno tre schede a ogni cardinale, si scelgono tre scrutatori, tre revisori e tre incaricati di raccogliere i voti dei cardinali infermi. Quando tutti hanno inserito il foglio nell’urna appoggiandolo su un piatto, gli scrutatori contano le schede e, se il numero è corretto, danno lettura dei nomi. Se non c’è l’eletto, si fa subito un’altra votazione. Tutti i documenti delle votazioni vengono bruciati nella stufa. Una volta constata la mancata elezione del pontefice, la regola prescrive che l’intero materiale elettorale venga distrutto. Schede e fogli sono immessi in una stufa di ghisa e bruciati. Dal comignolo montato sul tetto della Cappella Sistina esce una fumata nera e l’assenza del suono delle campane conferma che non si è ancora giunti a un accordo. Sino al 1963 le fumate nere venivano ottenute bruciando anche paglia umida. Negli ultimi conclavi, invece, si è proceduto a inumidire le schede con materiale chimico. Quando le votazioni, invece, raggiungono un esito positivo vengono bruciate soltanto le schede e il fumo è bianco. Significa che è stato eletto il suo nuovo pontefice. Il colore del fumo serve ad annunciare ai fedeli in attesa l’esito della votazione, dal momento che l’annuncio ufficiale avviene circa un’ora dopo l’elezione. Ogni giorno ci sono due fumate: una alla fine della mattina intorno alle 12 e l’altra alle 19. Al nono giorno, dopo almeno 33 scrutini senza esito positivo, il conclave fa un ballottaggio tra i due cardinali che hanno ricevuto più voti. I tempi dipendono dall’accordo dei cardinali, ma conta anche il periodo dell’anno. Ci vollero due giorni per l’elezione di Papa Francesco a ridosso della Pasqua e con le dimissioni di Ratzinger arrivate da un mese. Al papa eletto viene chiesto se accetta l’elezione canonica a Sommo Pontefice. L’ultimo dell’ordine dei cardinali diaconi richiama il maestro delle celebrazioni liturgiche e il segretario del collegio cardinalizio. Il decano, il vice decano oppure il primo cardinale dei cardinali vescovi si rivolge all’eletto e gli domanda: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?”. Alla sua risposta positiva gli viene chiesto di scegliere un nome: “Come vuoi essere chiamato?”. Indossa poi i paramenti bianchi nella sacrestia della Sistina e rientra per il Te Deum finale. Solo dopo questo arriva l’Habemus papam, l’annuncio dalla loggia della basilica di San Pietro da parte del cardinale protodiacono del nome del nuovo pontefice. Dopo l’accettazione del sacro incarico e della scelta del nome si procede con la fumata bianca, il segnale ai fedeli che rivela la nomina del nuovo Papa.
Il papa è morto nel bel mezzo del Giubileo, anno di grazia, riconciliazione e speranza che Francesco aveva dedicato alla speranza. Al Camerlengo, che con il Gran Penitenziere, resta in carica a differenza di tutti i capi dei dicasteri della Curia romana, è spettata la conferma della morte del Pontefice. Queste due figure sono anche responsabili del Collegio Cardinalizio per lo svolgimento degli uffici ordinari durante la sede vacante. L’amministrazione provvisoria della Chiesa cattolica è assunta dal Collegio Cardinalizio fin a quando tutti i cardinali non saranno riuniti nel conclave. Il Giubileo dura un anno, quello della Speranza indetto da Papa Francesco prevede oltre trenta appuntamenti. Si tratta di eventi di grande portata, con arrivo di fedeli e pellegrini da tutto il mondo, ampiamente e approfonditamente pianificati. Gli eventi potrebbero subire delle modifiche, alcuni potrebbero essere sospesi o interrotti. La canonizzazione di Carlo Acutis, per esempio, è stata sospesa. I protocolli potrebbero anche loro essere rivisti e altre misure potrebbero essere aggiunte. Si tratta, insomma, di una sfida non indifferente che però la Chiesa non incontra per la prima volta nella sua storia. Era il 1700 quando papa Innocenzo XII, Antonio Francesco Pignatelli, morì a 85 anni. Fu quella la prima volta che la Porta Santa venne aperta da un Papa e chiusa da un altro, Clemente XI. È presumibile pensare che l’organizzazione del Giubileo subirà complessivamente o parzialmente delle modifiche ma anche che la Chiesa disponga di sufficienti autorità per proseguire le celebrazioni.